Lucchesi e pinzuti

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    Scrive Fernand Ettori nella sua Anthologie des expressions corses: “Nel XIX° secolo, il corso si definisce opponendosi a due stereotipi nazionali, il lucchese e il pinzutu. Quando si estinguerà, a partire dal 1850, l’antico prestigio toscano e quando si allenteranno le relazioni con la penisola, i corsi non conosceranno l’Italia che sotto l’apparenza di miseri lavoratori stagionali.”

    I lucchesi

    Provenienti per la maggior parte dalla regione di Lucca questi contadini venivano chiamati col termine collettivo e dispregiativo di “lucchesi”. La parola, che designava gli italiani in genere senza distinzione per la loro reale origine, era declinata nelle seguenti varianti, tutte ingiuriose: o lucchisò! lucchisacciu, lucchisaria.

    Oltre a questi appellativi infamanti la lingua corsa conserva delle espressioni che ribadiscono l’opinione negativa che avevano i corsi nei confronti degli italiani.
    Una di queste era: Ferma lucchesu. Il voto, oltre che essere un dovere, è il segno di appartenenza alla comunità. Nella società tradizionale era umiliante non poter prendere parte al voto perché cancellato dal sindaco dalle liste elettorali. Cancellare un elettore era un’ingiuria spesso pagata col sangue. Ferma lucchesu (ci rimane lucchese) significava “rimane confuso”, come quei poveri emigrati italiani che vivevano ai margini del villaggio senza carta di elettore e senza fucile.

    “À la fine di tanti guai, un lucchese ùn manca mai!” Quando una ragazza dai facili costumi non riusciva a trovare marito si poteva sempre contare su un italiano desideroso di integrarsi nella società corsa per sposarla.

    “Ghjistimà cum’è un Lucchese”: bestemmiare come un lucchese.

    “U lucchesu ùn hè francu s’ellu ùn hà pinnatu al fiancu”: il lucchese non si sente al sicuro senza la roncola al fianco.

    “Ùn faci bedda figura u lucchesu senza pinnatu al culu”: non fa bella figura il lucchese senza la roncola al culo.

    Capri espiatori di tutti i mali dell’isola gli italiani furono a lungo trattati con disprezzo e qualche volta vittime di atti di violenza. Ricordiamo che l’Italia appartenne alla triplice alleanza antifrancese. Questa alleanza, che fu all’origine delle rivendicazioni italiane sulla Corsica (irredentismo), provocò una forte corrente xenofoba e razzista nei confronti dei nostri connazionali.

    Dopo il 1901 Roma e Parigi si avvicinarono diplomaticamente. Nonostante i comportamenti di rigetto perdurarono fino alla seconda metà del XX° secolo l’ostilità nei confronti degli italiani andò decrescendo e si aprì progressivamente la strada verso la loro totale integrazione.

    I pinzuti

    Capita a tutti, una volta messo il piede sulla terra di Corsica, di sentire la parola pinzutu. È una parola corsa che il Petit Larousse si appresta da ad accogliere nella sua edizione 2023 ma non si tratta di un complimento.

    La parola pinzutu significa letteralmente “appuntito” e designa dispregiativamente il continentale francese. Il termine è riconducibile a contesti diversi a cominciare da quello storico. Molti fanno risalire la sua origine al cappello a tre punte dei soldati del re Luigi XV che nel 1769 combatterono, in Corsica, contro l’esercito di Pasquale Paoli. Altri, invece, pensano che la parola si riferisca al modo di parlare appuntito dei francesi con i loro vocaboli inevitabilmente accentati sull’ultima sillaba.

    Ma, oltre alla storia e alla fonetica, la carica negativa che permea quella parola è principalmente dovuta, oggi, alle orde di turisti che ogni estate sbarcano preferibilmente nel porto di Bastia, intasano l’autostrada Furiani-Furiani e vanno a sdraiarsi sulle spiagge irte di ombrelloni che si susseguono, a sud, dal lido della Marana a Bonifacio e, a nord, da Pietranera alla Giraglia.

    Al pinzutu è dedicata una canzone di Antoine Ciosi che qui traduciamo:

    Tu il pinzutu,
    Tu che sbarchi sulla nostra isola,
    Tu il pinzutu,
    Tu che vieni dalle grandi città,
    E dici di sapere tutto,
    E conoscere tutto in men che si dica,
    Dicendoti in un sorriso,
    Eppure è così piccola.

    Sai che la Corsica,
    Non è solo Porto,
    I porti e le spiagge
    Di Calvi o di Sisco,
    È anche la sua storia
    Che si racconta la sera,
    Intorno a un fuoco di legno, tardi,
    O sotto i castagni.

    Se non hai visto
    La macchia ricoperta di fiori
    In primavera,
    Con la neve come scenario,
    Né mai sentito
    Le prefiche ai funerali,
    Sono quasi scomparse,
    Poiché anche le tradizioni muoiono.

    Se non hai visto,
    Durante il Catenacciu,
    Camminare per le strade,
    I penitenti scalzi,
    Se non hai mangiato,
    Il casgiu venachese
    Il figatellu sulla brace,
    Bevendo acquavite aschese,
    Se non hai mai visto
    Ballare la manfarina,
    Allora non dire mai,
    mai, mai, mai,
    Che conosci la Corsica.


    Il corso impinzutitu. Si tratta di un corso lungamente vissuto sul continente e che ha dimenticato, o finge di aver dimenticato, gli usi e la lingua della sua isola. A questa figura è dedicata una canzone dei Muvrini e l’espressione: "Un’ cunosce più a filetta" (non conosce più la felce).

    Ovviamente, parlare di pinzuti e di ostilità nei loro confronti non può che richiamare alla memoria gli anni ’70, quando in seguito all’occupazione di una cantina vitivinicola di Aleria nel 1975 ad opera di un comando armato di autonomisti, cominciarono ad apparire sui muri delle città e dei paesi le scritte “Fora” e “IFF” (rispettivamente: “Fuori” e “I Francesi Fuori”).

    E tanto per passare dalla parola ai fatti seguirono i cosiddetti “plastiquages” e cioè gli attentati al plastico ad opera del FLNC (Fronte di Liberazione Nazionale della Corsica) che presero di mira, oltre alle attività commerciali dei francesi del continente, le loro residenze secondarie.
    Molte furono le ville distrutte, specialmente negli anni ’70, ’80 e ’90, durante le numerose "nuits bleues" (notti blu, serie di attentati al plastico). La notte del 2 al 3 gennaio 1991, ad esempio, furono investite dalla furia di una settantina di uomini incappucciati del FLNC diverse ville, undici bungalow, una trentina di chalet-vacanza e 6 villaggi-vacanze in varie località dell’isola.

    Sempre in quegli anni alle scritte IFF si aggiunsero ISF (I Sardi Fuori) e, più recentemente IAF (Gli Arabi Fuori). È comunque una realtà che i sardi si sono ormai integrati da tempo e che è cosa praticamente fatta anche per gli arabi (termine generico per indicare i magrebini), almeno per quanto riguarda le giovani generazioni che parlano tre lingue: arabo, francese e... corso.
     
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    Bello, Lino. Sempre interessanti i tuoi articoli. Hai poi degli argomenti che molto spesso mi giungono nuovi. Che ignorante, sono!
    Se dovessi arrivare in Corsica e qualcuno mi dice che sono una pinzuta, che devo fare? O almeno, che cosa mi consigli?
     
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    clessidra

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    Camminare all'ombra? Non parlare? Meglio di no, è preferibile continuare a comportarti e parlare normalmente anche perché nessuno cerca più gli italiani.
    A proposito del Petit Larousse 2023: oltre alla parola pinzutu veranno ammesse queste altre parole regionali "baignassoute" (turista che raggiunge la costa atlantica per farvi il bagno); "horsin" o "horsain" (turista che va in Normandia ed è sorpreso dall'alta marea); Monchû (turista che trascorre le vacanze in Savoia ma non ne conosce gli usi). Insomma tutte parole simpatiche destinate ai turisti.
     
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    effemeridante risvegliato

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    CITAZIONE (Lino Soddu @ 19/8/2022, 21:23) 
    è preferibile continuare a comportarti e parlare normalmente

    Convengo.
     
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    "Ecate, figlia mia..."

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    Che caratterino, 'sti corsi! Ma proprio per questo acquistano il carattere di popolo. Forse la piccolezza isolana aiuta...

    Lettura affascinante come sempre.
     
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4 replies since 15/8/2022, 10:33   234 views
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