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Giulio Fezur.
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Giulio Fezur - Anellocuore (2018)
Il cuore, il sangue, il nome
Nulla rimane del grano caduto da spighe intrecciate
quando nel campo s’eclissa la mano del sole ed il vento
ogni promessa di frutto disperde con fruste di sale.
Guardo le nubi scontrarsi – tempeste d’organza ossidiana.
Sento alle spalle le gocce da fuori echeggiare nel vuoto
denso che s’agita dentro ricordi perduti nel tempo;
ora sul tavolo solo le rime del gelo ed un cuore
fuso ad anello privato del petto, del sangue, del nome.
Ombre di pioggia sul muro – silenti ripensano al mare.
Spengo le note del giorno nel ruvido flutto del vino;
fisso la notte chiassosa nel fitto drappeggio dei lampi,
mentre svanisce il sentore del grano perduto nel campo.
“Cosa mi manca? Ho scordato…” bisbiglio lasciando il bicchiere.
Senza l’oggetto il dolore scompare e d’un tratto mi quieto.
Conto le stelle d’Orione, le stelle del Cigno e le calle.
Conto le volte che l’oro del miele mi tinse lo sguardo,
conto le spine di rose, le lame di forbici oscure.
“Mento a me stesso” mi dico. “Morire è scordare d’amare.”
Stringo un respiro che il senno mi scuote e mi strappa al torpore.
“Nulla è peggiore del senso d’oblio che nasce e s’impone”
urlo, e memorie passate ritornano in luogo del vuoto.
S’apre la notte e nel campo ritrovo le spighe del grano:
nuove speranze di frutto si portano incontro all’estate.
Sangue riscorre nel cuore nei versi di luce di Luglio –
Anima è il nome che sento scolpirsi di giada nel petto..